Nella teoria freudiana, l’aspetto “bizzarro” del sogno è figlio del lavoro onirico che trasforma il materiale del sogno (stimoli somatici, residui diurni, pensieri del sogno) in un prodotto: il sogno manifesto. La deformazione è l’effetto di tale lavoro (Laplanche J., Pontalis J.B. 1967).
Hobson et al., nonché molti neuroscienziati rimangono scettici: gli aspetti bizzarri e gli elementi apparentemente privi di significato del sogno, sarebbero semplicemente il risultato di complesse associazioni che vengono estratte dalla memoria e sicuramente non si riferirebbero ad alcun prodotto di una censura o mascheramento di desideri inconsci come descritto nella teoria freudiana (Hobson J.A., Pace-Schott E.F. 1999).
In realtà, come nota Boag nel paper "Freudian Dream Theory, Dream Bizarreness, and the Disguise-Censor Controversy", il rigetto di questa teorizzazione freudiana è figlio di una reificazione del concetto di censura da parte degli stessi neuroscienziati che lo hanno trasformato in un agente il cui ruolo sarebbe quello di determinare ciò che può e non può diventare cosciente. Se andiamo a vedere ciò che scrive Freud, troviamo sicuramente la locuzione «censore dei sogni», ma è senz’altro una metafora. Freud non parla mai della censura indipendentemente dalle funzioni che svolge e sicuramente non l’ha mai interpretata come un agente che si frappone tra conscio e inconscio; al contrario egli la pensa come una relazione dinamica tra forze, i desideri dell’Es e quelli dell’Io: «niente di più di un termine che ben si presta a designare una relazione dinamica» (Freud S. 1915).
Ancora, nella lezione La censura onirica Freud scriveva:
Spero che non assumerete questo termine [censura] con un significato troppo antropomorfico e non vi figurerete il censore dei sogni come un piccolo ometto rigoroso o uno spirito che abita in uno stanzino del cervello e che da lì esercita le sue funzioni; ma nemmeno in forma troppo localizzante, pensando a un «centro del cervello» dal quale promani questo influsso censorio, il quale verrebbe meno con il danneggiamento o l’allontanamento di questo centro.
In definitiva la censura deve essere intesa come una dinamica «inibitoria», scatenata da conflitti tra differenti impulsi/motivazioni. In questo senso la censura non è qualcosa che si «attiva» nel sogno: è sempre attiva, ma possiamo ravvisarne meglio il lavoro poiché è «indebolita». Anche su questo punto i neuroscienziati non hanno colto il pensiero di Freud. In effetti Hobson sempre nell'articolo del 1999 “Response to Commentaries by J. Allan Hobson and Edward F. Pace-Schott”, scrive:
The hypothetical censor, which makes fne distinctions between acceptable and unacceptable wishes, is imbued by psychoanalysts with powers incompatible with its hypothesized weakened condition in sleep especially given the now replicated relative inactivity of executive frontal areas in both REM and NREM sleep.
Come esemplifica Boag, potremmo spiegare il meccanismo seguendo questo schema: abbiamo un desiderio che «P» sia inibito e non mostrato per quello che è poiché costituisce una minaccia; quindi viene a costituirsi un sostituto «Q», che si basa su associazioni precedenti e che diventa un’espressione indiretta sostitutiva. Se questo, a sua volta, è ancora percepito come una minaccia, allora un ulteriore sostituto «R» viene a formarsi, fino a quando si trova il giusto compromesso. A seconda della lontananza dall’obiettivo originario, la forma finale del desiderio del sogno può condividere una connessione poco evidente con l’obiettivo primario che sostituisce.
Ora, se certamente una totale cessazione dell’attività in queste aree sarebbe problematica con la funzione della censura descritta da Freud, una diminuzione dell’attività è invece proprio ciò che viene descritto nella sua teoria. Il fatto che nel sogno il ruolo della censura si faccia più evidente tramite il contenuto bizzarro non è indice di un aumento di un agente, ma di una diminuzione di una dinamica inibitoria che permette a desideri non accettati dall’Io di cercare di uscire. Per evitare il troppo dispiacere vi è quindi un compromesso associativo che si manifesta in un contenuto bizzarro attraverso il lavoro onirico.
Se quindi riconsideriamo la censura onirica sotto la corretta luce, constatiamo che essa è assolutamente in linea con le evidenze neurofisiologiche, che non vanno affatto nella direzione di svalutare questa dinamica. Ciò è evidente nella parziale disattivazione di alcune aree associate all’inibizione, nell’attivazione dei gangli della base che hanno anche una funzione di mediazione nella «competizione tra input incompatibili» e nell’attivazione dell’amigdala che risponde al coinvolgimento di istanze motivazionali/emozionali, oggetto della censura.
Un approfondimento su queste questioni è presente anche nel mio articolo "La validità epistemica del metodo d’indagine freudiano: il caso del sogno": https://www.scuoladipsicanalisifreudiana.it/abstract/la-validita-epistemica-del-metodo-dindagine-freudiano-il-caso-del-sogno/
Bibliografia essenziale
Boag S. (2006), “Freudian Dream Theory, Dream Bizarreness, and the Disguise-Censor Controversy”, Neuropsychoanalysis, vol. 8, n. 1, 2006, pp. 5-16.
Ceschi M.V. (2019), “La validità epistemica del metodo di indagine freudiano: il caso del sogno”, Metapsychologica: rivista di psicanalisi freudiana, no.1 (2019), pp.111-129
Hobson J. A., et al. (1975), “Sleep Cycle Oscillation: Reciprocal Discharge by Two Brainstem Neuronal Groups”, Science, vol. 189, n. 4196, pp. 55-58.
Hobson J. A., Pace-Schott E. F. (1999), “Response to Commentaries by J. Allan Hobson and Edward F. Pace Schott”, Neuropsychoanalysis, vol. 1, n. 2, pp.206-224.
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